La violenza nella coppia è un problema che sta emergendo sempre più e che occorre capire per poterlo affrontare adeguatamente.
In ogni coppia è presente un certo grado di conflittualità, che si può considerare “fisiologica” e può anche rappresentare un elemento di crescita della coppia, se questa ha gli strumenti e la volontà per gestirla e risolvere le inevitabili divergenze presenti nella vita di relazione.
Esistono poi coppie le cui caratteristiche rendono impossibile affrontare e risolvere i conflitti, che diventano qualcosa di distruttivo che porta gradualmente, alla dissoluzione della coppia e alla rottura. (Vedi I segnali della fine della coppia).
Ma la condizione più difficile da comprendere è quella delle coppie che, pur vivendo relazioni assolutamente insoddisfacenti, non fanno nulla per cambiarle e le mantengono in vita pagando per questo un prezzo a volte altissimo. La violenza nella coppia è presente ma la relazione è stabile.
In alcuni casi la violenza nella coppia può riguardare entrambi i partner: la relazione di abuso può essere bidirezionale, per cui, a volte, risulta difficile capire chi è la vittima e chi l’abusante.
Tuttavia le statistiche indicano che sono gli uomini che commettono violenza in misura maggiore.
Una donna italiana su tre ha subito una violenza fisica o sessuale nel corso della sua vita. Nel 67% dei casi queste violenze sono state commesse dal partner.
La violenza nella coppia e la teoria dell’attaccamento
Un elemento che caratterizza le relazioni di abuso è che le vittime si sentono, quasi sempre, molto legate ai loro partner, nonostante ne abbiano paura.
Una spiegazione di questo fenomeno è quella fornita dalla teoria di J. Bowlby sull’attaccamento.
Secondo l’autore il legame che il bambino stabilisce con la madre non si basa solo sul nutrimento, ma sulla vicinanza, la protezione, il calore, l’affettività. Il legame di attaccamento è molto importante, perché condiziona lo sviluppo della persona e il suo modo di vivere le relazioni. Secondo Bowlby la forza del legame non è necessariamente legata alla qualità dello stesso: anche relazioni poco soddisfacenti possono essere mantenute per quelle esigenze emotive che rendono impossibile la rottura di una relazione primaria.
La vittima
Nelle situazioni di pericolo o di violenza, le persone tendono a cercare la vicinanza con la figura d’attaccamento. Ma nei casi in cui la violenza è subita dal partner, si determina una situazione paradossale, perché il partner è anche la figura di attaccamento.
La difficoltà ad allontanarsi da un partner violento potrebbe essere amplificata da esperienze passate attraverso cui la persona avrebbe sviluppato la convinzione di non poter vivere una relazione migliore, o anche di meritare il trattamento subito.
Gli studi che hanno analizzato le caratteristiche delle persone vittime di abuso hanno identificato delle differenze legate al modello di attaccamento che caratterizza le diverse persone. Le persone con un senso del Sé positivo sono più sicure, e ciò le porta a pretendere rispetto e a non tollerare la violenza del partner. (vedi Mancanza di autostima)
Le persone con un modello del Sé negativo
- vivono un attaccamento ansioso;
- hanno un rapporto di dipendenza dal partner e un’ansia nei confronti della separazione che rende loro molto difficile abbandonare il patrner abusante;
- possono, anzi, sentirsi deboli e ancor più bisognose del partner;
- arrivano a credere che la violenza che subiscono sia giustificabile;
- credono al pentimento del partner, che spesso si comporta in modo amorevole dopo gli episodi di violenza.
Il partner abusante
ha anch’esso un modello negativo del Sé;
prova un forte senso di delusione rispetto ai bisogni di attaccamento frustrati;
la rabbia è per lui una strategia disfunzionale per mantenere il contatto con la figura di attaccamento;
i comportamenti violenti compaiono quando il soggetto sente una minaccia, vera o immaginaria, un rifiuto o un abbandono, e sarebbero la versione adulta della protesta del bambino i cui bisogni di attaccamento non vengono soddisfatti, o che teme una separazione.
La violenza nella coppia e le sue forme
La violenza nella coppia può assumere varie forme:
Quella più facilmente evidenziabile è la violenza fisica può comprendere minacce di aggressione, rompere oggetti, aggressioni fisiche moderate come le spinte, aggressioni gravi come picchiare, procurare lesioni, buttare giù dalle scale, strangolare, fino ad uccidere. Il denominatore comune è il controllo che il partner violento ottiene sulla vittima.
La violenza psicologica in genere accompagna quella fisica e la precede. Non lascia tracce fisiche e può assomigliare ad un normale conflitto di coppia, per cui è più difficile da identificare, ma colpisce in modo grave la persona. Può iniziare con critiche di carattere generale, passando poi a offese vere e proprie, accuse, insulti, umiliazioni. Inoltre il partner violento può imporre delle limitazioni, come non uscire di casa, non frequentare determinate persone e controllare quelle che frequenta. Lo scopo è quello di isolare la vittima, rendendola ancora più dipendente da lui e quindi controllandola meglio. La vittima, gradualmente, comincia a sentirsi insicura, a pensare come il partner, a non avere più fiducia in se stessa.
La violenza sessuale è costituita da tutti gli atti sessuali imposti alla vittima, quindi costringere con la forza ad avere un rapporto sessuale, imporre modi di fare sesso che la persona non vuole, o di farlo con altre persone.
La violenza economica consiste in quelle azioni che creano una situazione di dipendenza economica della vittima, come impedirle di lavorare fuori casa, se lavora non permetterle di usare il proprio stipendio e, in generale, impedirle di gestire il denaro di casa.
Il ciclo dell’abuso
Una descrizione dei modelli di comportamento che caratterizzano una relazione abusiva è quella di Lenore Walker. Secondo la sua teoria sul ciclo dell’abuso, la violenza è costituito da tre fasi distinte, che si ripetono in modo ciclico. La violenza nella coppia per Walker è considerata esclusivamente maschile.
- Nella prima fase si verifica un aumento della tensione nella coppia, l’uomo è nervoso, critica e offende la compagna, oppure la comunicazione fra i due si spegne. La donna percepisce il crescere della tensione e cerca di comportarsi in modo da diminuirla.
- Successivamente, nella fase di attacco, la tensione accumulata esplode nella violenza e l’uomo aggredisce la compagna. Le prime aggressioni possono essere moderatamente violente, ma quelle successive sono sempre più gravi, al punto, spesso, da richiedere cure mediche.
- La fase successiva è quella della riappacificazione: l’uomo chiede scusa, si mostra pentito e affettuoso, promette che non accadrà più. Questa fase spinge la donna a non interrompere la relazione. Col passare del tempo però gli episodi si ripetono, questa fase diventa sempre più breve e la donna diventa sempre più dipendente nei confronti dell’uomo.
La violenza nella coppia: come uscirne
Uscire da una relazione violenta non è facile, ma è possibile. Ci si può rivolgere ad un centro antiviolenza, ma anche intraprendere, se entrambi i membri della coppia sono disponibili, una terapia di coppia. Un percorso molto utile è la Terapia per uomini violenti che viene svolta presso centri specializzati, come i CAM (Centri ascolto uomini Maltrattanti). Se non è possibile, la donna può chiedere aiuto ad un terapeuta per un sostegno psicologico.
Riferimenti bibliografici
Bowlby J. ” Costruzione e rottura dei legami affettivi, J”. Raffaello Cortina Editore, Milano (1989)
Castellano R., Velotti P., Zavattini G.C. “Cosa ci fa restare insieme?”, Il Mulino, Bologna (2010)
Walker L. “The Battered Women”. Harper and Row, New York (1979)